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Una “passeggiata” tra i vicoli della società, città ormai perduta, votata all’indifferenza, alla cattiveria non del singolo ma della massa. Giovanni Cinque (voce e chitarra) e Riccardo Marconi (autore e chitarra) ne sono gli artefici. Nel 2015 si uniscono al duo Paolo Terlizzi (percussioni&rumori) e Fulvio Di Nocera.
MalaStirpe: un gruppo, un progetto o solo il titolo dell’album in uscita?
«Per ora un progetto che va avanti da un anno. La “malastirpe” è, in questo caso, la società malata con cui forzatamente ci troviamo a convivere. Con il gruppo trattiamo temi attuali, soffermandoci su storie e aspetti che meriterebbero più domande e migliori risposte».
Raccontaci un po’ come è iniziato il tuo viaggio con la musica e come sei arrivato al Be Quiet.
«Ho iniziato a suonare da ragazzino ma da grande, quando sono andato a lavorare fuori, ho lasciato il mondo della musica, mettendo da parte questa passione. Solo nel 2007, una volta rientrato a Napoli, è scoccata nuovamente la scintilla e ho ripreso a creare. Nel 2014, invece, sono venuto a conoscenza del Be Quiet e, pur non partecipandovi, m’incuriosiva e mi affascinava tanto. Solo adesso debutto in questa realtà e, d’ora in poi, sarò disposto a sostenere il progetto di questo collettivo in qualsiasi modo. Il valore aggiunto del Be Quiet è che, ogni volta, offre uno spettacolo unico perché sempre diverso e, soprattutto, non commerciale».
Con chi suonerai sul palco del Piccolo Bellini il 21 marzo?
«Suonerò con l’arrangiatore Riccardo Marconi, con Fulvio Di Nocera e Paolo Terlizzi ma sono davvero tanti gli artisti che hanno collaborato al disco “MalaStirpe” e che non smetterò mai di ringraziare. Tra questi, ad esempio, ci sono Francesco Forni, Alfonso Bruno e Cristiano De Fabritiis».
A quando l’uscita del disco?
«È ancora da decidere. Non sappiamo se ci autoprodurremo o se ci affideremo a qualcuno. Il desiderio è sempre quello di avere un amico musicista e produttore».
In quale genere s’identificano i “MalaStirpe”?
«Ci riconosciamo nel cantautorato. Siamo classici nella scrittura ma dal punto di vista strumentale viviamo di contaminazioni grazie alle esperienze diverse di ognuno. Non ci pieghiamo alle logiche commerciali e diamo libero sfogo alla nostra creatività in modo istintivo a costo di sacrificare, a volte, la metrica».
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