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“Letiana”, uscito il 18 marzo, è l’album che segna il debutto di Luca Di Maio. Un lavoro sorprendente in cui al folk si affiancano molteplici spunti e suoni. Atmosfere oniriche e ipnotiche raccontano di reietti, esclusi ed umili in un disco che è essenziale ma allo stesso tempo variegato. Rabbia, indignazione e tenerezza sono le sfumature che Luca Di Maio porterà sul palco del Piccolo Bellini.
Partiamo da un passato dolce e amaro…
« “Insula dulcamara” era il nome del gruppo con cui ho suonato per undici anni e, oltre ad essere un quadro di Paul Klee, mi piaceva l’accostamento tra il dolce e l’amaro e il messaggio secondo il quale nulla è poi così difficile da affrontare. Poi ci siamo sciolti, io sono andato a lavorare a Roma e ho ripreso a suonare con Marco Parente, Alessandro Fiori, Vincenzo Vasi».
Nel frattempo è passata “la felicità”.
«Ho scritto parte della colonna sonora del film “L’arte della felicità” ed è stata una bellissima esperienza. Ho un’idea e un rapporto particolari con la musica. L’amo talmente tanto che preferisco fare solo quello che mi piace davvero. Se dovesse essere il mio lavoro non potrei rispettarla così».
Parlami del Be Quiet…
«Del Be Quiet mi piacciono molte cose: il progetto, la location, gli artisti che vi prendono parte e Giovanni Block che merita i successo che sta avendo. Quindi sono felice di esibirmi il 21 marzo in questo contesto. Ho seguito i passi del Be Quiet a partire dalle serate al Cellar Theory».
Sarà la tua prima volta sul palco del Piccolo Bellini?
«Un debutto, perché al Piccolo non ho mai suonato e fare musica in teatro è una gran bella cosa».
Cosa suonerai?
«Brani tratti dal mio ultimo disco “Letiana”, uscito il 18 marzo. Un album di nove canzoni in cui racconto prevalentemente degli ultimi, dei diseredati. Lo stesso nome “ Letiana” è nato dall’ispirazione che ho avuto leggendo un articolo in cui si parlava di una donna lapidata perché accusata di stregoneria».
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